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Cimitero monumentale

Il Cimitero Monumentale, detto anche “Camposanto Vecchio” o “Tzimitòriu”, è il più antico cimitero della Sardegna. La sua grande rilevanza deriva proprio dal fatto di essere stato benedetto, come riporta il canonico Giovanni Spano, nel 1797 quindi ben prima l’editto di Saint Cloud del 1804; a seguito del quale, per esempio, nacque lo storico cimitero di Bonaria in Cagliari. Il Cimitero Monumentale ploaghese è l’unico a conservare lapidi scritte in sardo logudorese. Esso si trova nella zona chiamata “Cortile de Cheia”, delimitato dall’oratorio del Rosario e dalla chiesa di San Pietro dalla quale però, altra peculiarità, è totalmente separato. L’immobile si trova nella piena proprietà e nel pieno possesso dell’amministrazione comunale non solo per quanto riguarda l’area e la struttura ma anche per quanto riguarda le lapidi. È un corpo totalmente distinto dal cimitero comunale costruito, come previsto dalle norme, in una zona periferica (dall’altro lato del paese) dopo l’epidemia di colera che colpì Ploaghe nel 1855. Secondo il giudizio del Lamarmora “E’ il più antico della Sardegna e forse anche il più bello”. L’architetto Vico Mossa in un articolo del 1949, pubblicato su “Ichnusa”, ne vanta la mistica ed ariosa semplicità. Fu ideato dal rettore D. Salvatore Ravaneda nel 1792 e benedetto dal rettore Gavino Strina nel 1797, prima ancora che fossero costruiti i camposanti di Cagliari e di Sassari, il primo nel 1829 ed il secondo nel 1836. L’area prescelta fu quella che già da secoli esisteva nel terreno che circonda la chiesa di San Pietro, la stessa dove MonsAlepus nel 1552 aveva impartito l’assoluzione ai defunti e dove nel 1668 Mons. Morillo aveva fatto ricoprire l’aula o “aposento” 2 dell’ossario. Nel vano del camposanto fu inglobata anche la chiesetta di Santa Barbara della quale son rimasti i capitelli degli stipiti e l’architrave nella cappella del Crocifisso fatta costruire dal rettore Strina. Nel 1824 il camposanto ospitava 70 tombe, senza contare quelle dei bambini. Nonostante il cimitero sia stato benedetto nel 1797, il primo inumato nel camposanto ancora in via di costruzione fu Basilio Fais di 20 anni il 14 novembre 1793. L’importante innovazione certamente aveva riscosso l’approvazione dell’arcivescovo Della Torre, che dal 27 maggio 1794 aveva firmato il registro dei defunti. Il Camposanto vecchio precorse quindi i pregoniviceregi, che vietavano in tutta la Sardegna il seppellimento dentro le mura delle chiese. Dal punto di vista architettonico si tratta di un vasto quadrato aperto, fiancheggiato da sei arcate coperte a volta, tre per lato, chiuso frontalmente dalla cappella del crocifisso, dotata di un altare privilegiato con bolla di Pio VII, in data 6 dicembre 1814. Il Canonico Spano nel 1859 pubblicò una monografia, nella quale descrisse brevemente l’architettura e la storia del camposanto, ricopiando inoltre gli epitaffi scolpiti nelle lapidi di marmo bianco, dettati quasi tutti dal rettore Cossu, a incominciare dal 1844. Oltre la singolare struttura architettonica, la caratteristica più saliente è proprio la conservazione al loro posto di tali epitaffi iscritti in perfetto logudorese. Il più antico porta la data dell’11 aprile 1844 e ricorda IohanmariaIspanuLizos de Piaghe di 93 anni, “massaiu bene costumadu, pacificu, laboriosu et iustu”. Si legge in calce “Gasi Deus beneighet ad quielutimet et amat”. Nel 1859 gli epitaffi erano 18, poi sono andati man mano crescendo di numero sino alla fine del XIX secolo. Oggi, dopo i restauri, se ne contano 39, dei quali soltanto tre in lingua italiana, cioè quelli di Donna Lucrezia DelitalaDies, Don Giacomo Dies e fra Serafino Solinas. Otto delle lapidi in sardo ricordano i congiunti del Canonico Spano, compresi il padre e la madre, scomparsi entrambi all’età di 93 anni. Il camposanto continuò ad essere officiato, almeno saltuariamente, fin verso la metà del secolo scorso.

Il cimitero monumentale è stato restaurato nell’ 1982 per opera della Soprintendenza ai Beni Culturali la quale ne ha riconosciuto l’alta valenza storico-culturale. L’area del cimitero risulta oggi priva di illuminazione e non risulta accessibile ai disabili a causa di alcuni gradini situati all’ingresso. Le lapidi, disposte sia verticalmente che orizzontalmente, manifestano i segni del tempo e delle intemperie così come i percorsi interni mentre le aree verdi sono da tempo compromesse. Il progetto di riqualificazione inserito nella Programmazione territoriale “Coros Anglona terre di Tradizione “prevede il restauro del cimitero monumentale al fine di restituire ad un attrattore culturale così importante la bellezza originaria e garantirne una maggiore fruibilità.